Eros e Thanatos, ovvero le pulsioni di vita e di morte, scandiscono la dimensione psichica e biologica di ogni essere. Sigmund Freud le individuava nel loro esternarsi, nell'agire costruttivo o distruttivo dell'individuo.
Freud pone la felicità come scopo della vita di ogni individuo. Egli non affronta il problema in termini originali, ma originale è il punto di vista psicoanalitico da cui prende le mosse.
La felicità cui l'uomo può ambire non è un valore assoluto: la pretesa dell'uomo si riduce ad evitare la sofferenza e a raggiungere una quota di piacere possibile. Si istituisce così la celeberrima dicotomia tra il principio di piacere, che inerisce all'ES, e il principio di realtà, proprio dell' IO cosciente in contatto e in rapporto col mondo circostante. Il principio di realtà si configura come il criterio in base al quale l'IO, consapevole delle limitazioni che la società impone e dei rischi che il mondo esterno comporta, ambisce al controllo dei moti pulsionali inferiori, che mira ad inibire o a sublimare.
L'introduzione del concetto di narcisismo, secondo il quale anche l'io può essere investito della libido (l'energia tipica delle pulsioni oggettuali), ha permesso di approdare alla conclusione che anche le pulsioni dell'io sono libidiche.
Intuitivamente: è ora possibile considerare la necessità, volontà dell'individuo di conservare se stesso come frutto di un amore riflessivo di tipo narcisistico. Da cui possiamo trattare pulsioni oggettuali e pulsioni dell'io come "sottoinsiemi" della pulsione di vita, Eros, la cui energia caratteristica è la libido, che si contrappone in quanto forza volta alla coesione ed alla conservazione della sostanza vivente, alla pulsione di morte, Thanatos, ignota e comunque distinta dalla prima, anche per l'energia adoperata. Essa è difficilmente riconoscibile poiché si presenta sempre congiuntamente alla pulsione di vita: anche il furore distruttivo più cieco si distingue per il piacere narcisistico di onnipotenza che se ne ricava.
Nel metabolismo di qualsiasi essere vivente esistono due funzioni: una anabolica che riguarda il nutrimento e l'assimilazione della materia organica ed inorganica, indispensabile per il funzionamento biologico (glucidi, protidi, lipidi, sali minerali, ossigeno, vitamine); ed una catabolica, che riguarda l'eliminazione delle sostanze prima utilizzate.
Ci sono cellule che nascono utilizzando i nuovi materiali ed altre che muoiono, tutto in perfetto equilibrio. Un'alterazione di questa simmetria significa malattia. Quando una cellula, finita la sua funzione, non risponde più al messaggio chimico interno ed esterno di morire, inizia una fase tumorale: perché tutto funzioni bene, la morte o la distruzione di certa materia deve avvenire simultaneamente al processo rigenerativo.
La passione è forse quell’esperienza amorosa che più di tutte ospita nelle sue viscere l’ISTINTO DI VITA (EROS) e l’ISTINTO DI MORTE (THANATOS) in una possibile, anche se difficile, convivenza.
Come testimoni di simile esperienza è necessario menzionare Paolo e Francesca, frutto di una mente decisamente passionale, come doveva essere quella di Dante.
I due amanti, collocati nel cerchio dei lussuriosi, vagano per l’eternità tra la bufera infernale che li travolge e , per l’eternità, tra le parole più belle che mai siano state scritte sull’amore:
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona”
La passione è tutta in questa rara tolleranza di dolore e oceanica necessità.
E' bene trattate EROS e THANATOS separatamente, per evidenziare la positività della passione, ma anche le devianze e patologie che un tal difficile connubio comporta.
La passione comporta un notevole coraggio in varie direzioni, tutte vivificanti, se si trova la forza di affrontarle, guardandole nella loro scomoda pienezza.
L’aspetto che più si conosce è quello del LIMITE o divieto che accende le passioni: letteratura, arte e scienza sono piene di esempi a tale proposito. Ma anche la passione per la vita che anima non solo il bambino, ma uomini e donne di tutte le età si alimenta di ostacoli da superare.
Un’altra faccia della passione, meno dichiarata, è quella dello SCONVOLGIMENTO degli equilibri che simile esperienza porta con sé. A volte le persone creano schemi di vita stretti e soffocanti, soprattutto negli affetti e ci si infilano dentro per paura, insicurezza, comodità. La vita può risultare tediosa e mortificante, ma è una garanzia nei confronti di ogni forma d’ansia da cambiamento.
La passione non garantisce niente. Si limita a sovvertire un ordine per crearne uno nuovo. E’ una nuova configurazione che si innesta su una crisi. E’ dinamica, volitiva, quasi eroica. E’, per tutte queste ragioni, tenuta debitamente a distanza.
Ma la paura più grande nasce quando si viene a sapere che la passione è la SCONFITTA DELLA RAGIONE, anche se la disobbedienza è momentanea. Pur usandola spesso impropriamente, siamo convinti che solo la ragione sia il lanternino che ci illumina la strada della vita. Ma di quale razionalità parliamo? Quella dei “grandi”che creano e cambiano il mondo o quella spicciola e a basso costo che ci garantisce il quieto vivere ? Forse dietro ogni “ grandezza “ si nasconde una grande passione.
La passione inoltre necessita di un CORPO. E qui non nascono molte paure, ma confusioni: è facile scambiare la passione con il gioco amoroso.
Se l’anima della prima parla e si racconta, incantandosi in profondità- e tutto ciò può avvenire in silenzio- l’anima del gioco ruzzola e ride, mescolando spesso le carte. E’ una bella esperienza anche questa, ma le due anime non vanno confuse.
L’impulso vitale ad abbracciare tutto ciò che è tanto bello da travolgerci, viene subito sotterrato quando interviene Thanatos, l’istinto di morte. Ma si tratta di morte senza sofferenza o di anestesia per paura della possibile sofferenza. E’ un meccanismo di difesa che paradossalmente evita le passioni per la stessa ragione per cui ci si butta a capofitto in esse. Intendo parlare di LIMITI e DIVIETI.
Viviamo in una società in cui siamo valutati prima di tutto per efficienza, produttività, utilità. E’ vittoria schiacciante per la razionalità e, inevitabilmente, per l’appiattimento.
Si dice che viviamo in una ”epoca spassionata”, abbiamo, inoltre, un codice di valori interno che non è per nulla clemente con noi. Abbiamo interiorizzato la paura della dipendenza, dell’ambivalenza amore/odio che ci accompagnava da bambini, dello spettro dell’abbandono che è presente in ogni esperienza amorosa. Spesso, volendoci dei soldatini di ferro, i nostri genitori ci hanno amorevolmente educato al “disamore”. E noi, crescendo e scivolando, ci ritroviamo a dar loro ragione.
L’educazione ad amori ragionevoli e a sentimenti protetti è un divieto ad “ appassionarci” fuori da ogni recinto.
E’ un peccato che i nostri limiti trovino poi un appagamento e una via d’uscita negli sceneggiati televisivi che si sostanziano di amori passionali e temerari, di azioni eroiche e gloriose.
C’è poi un altro tipo di pseudo/passione che attiene più alla sindrome ossessiva che all’esperienza amorosa. Questa scelta relazionale è dilagante se i mass-media ci bombardano ogni giorno di episodi allarmanti.
Thanatos infuria in delitti che io non definirei passionali, perché non hanno lo spessore di una “Cavalleria rusticana” dove il dolore prima ti “macera dentro” e lo tieni a bada e lo porti in giro come “una smorfia”, e poi…arrivato il momento lo sfidi , a regolare duello. Lasciando la tragedia nello spazio dignitoso che le spetta, ritorniamo a una quotidiana malattia: l’ossessione è il frutto di una razionalità ammalata. La malattia è un’esigenza di controllo continuo su ciò che entra nel cerchio della propria vita affettiva. Si vuole possedere ciò che si ama e amministrare il proprio avere è estenuante come la passione, ma diametralmente opposto.
L’enorme differenza sta nel rischio. Altissimo nella passione, minimo nelle fantasie dell’ossessivo. Voler amare con garanzie, ricorrendo anche ad appostamenti che frugano nei passi, nella mente, nelle pieghe del cuore, nei silenzi , nei cellulari e nelle agende delle persone amate sembra rassicurante per chi ha paura, ma è un gioco perverso. Per paura dell’abbandono, ci si prepara la strada all’abbandono. Sfinimento, ancora, ma senza passione. L’usura che contrassegna le esperienze forti è più che legittima e non è mortifera.
Per allontanarsi dai percorsi accidentati e ritornare alla passione pura, si trova sostegno e conferma per quanto detto a proposito del difficile sodalizio tra Eros e Thanatos in questo verso di G. Leopardi nella poesia “ L’Infinito”:
“E il naufragar m’è dolce in questo mare”