Molti tra gli internauti visitatori del blog, scorgendo nel titolo di quest’articolo l’acronimo MAP (Mycobacterium avium paratuberculosis), non avranno sicuramente pensato all’importanza della scoperta relativa ad una probabile correlazione tra questo batterio e quella che, tra le patologie, è una delle più incidenti e cioè il diabete mellito.
Secondo le teorie accettate universalmente il diabete mellito è una malattia del metabolismo cioè del processo che l'organismo utilizza per ricavare dagli alimenti l'energia e le sostanze di cui ha bisogno , caratterizzato da un aumento della concentrazione nel sangue di uno zucchero, il glucosio. Gli zuccheri semplici e quelli complessi (amidi) presenti negli alimenti (es. pane, pasta, dolci, frutta, latte) durante la digestione vengono trasformati in glucosio (uno zucchero semplice) che è la principale fonte di energia dell'organismo.
Il glucosio entra nel sangue e passa poi all'interno delle cellule per fornire energia o essere ulteriormente trasformato in altre sostanze. Affinché il glucosio possa entrare nelle cellule è indispensabile la presenza dell'insulina. L'insulina è un ormone prodotto dal cellule particolari, chiamate cellule beta, presenti nel pancreas. Nelle persone affette da diabete, il pancreas produce una quantità insufficiente di insulina, o non la produce affatto, oppure le cellule non rispondono all'insulina prodotta dal pancreas.
Come conseguenza, la concentrazione del glucosio nel sangue aumenta al di sopra dei livelli normali e provoca un’ampia gamma di danni ad occhi, reni, nervi, cuore e vasi sanguigni.
L’odierno sistema di classificazione identifica quattro tipi di diabete melito: tipo 1, tipo 2, “altri tipi specifici” e diabete gestazionale. Ognuno dei tipi di diabete mellito identificato si estende attraverso un continuum clinico di iperglicemia e bisogno di insulina.
Il diabete mellito tipo 1 (in passato chiamato tipo I, IDDM o diabete giovanile) è caratterizzato dalla distruzione delle beta-cellule causata da un processo autoimmune, che di solito porta alla mancanza assoluta di insulina. L'esordio è solitamente acuto e si sviluppa in un periodo di alcuni giorni o settimane. Oltre il 95 per cento delle persone con diabete tipo 1 sviluppano la malattia prima dei 25 anni di età.
Il diabete mellito tipo 2 (in passato chiamato tipo II, NIDDM o diabete dell'adulto) è caratterizzato da insulino resistenza nei tessuti periferici e un difetto di secrezione dell'insulina delle beta-cellule. Questa è la forma più comune di diabete mellito ed è strettamente associata con una storia familiare di diabete, età avanzata, obesità e scarso esercizio fisico.
Molti dati epidemiologici evidenziano un aumento dell’incidenza relativa al diabete tipo 1 (circa il raddoppio per ogni generazione in taluni casi). Per l'Europa occidentale è stato previsto un aumento dei casi di diabete tipo 1 del 18.3% dal 1994 al 2000 e del 36% dal 1994 al 2010
L’elevata incidenza di questa patologia spiega le continue ricerche finalizzate al riscontro delle probabili cause alla base del processo fisiopatologico responsabile della malattia. Tra gli ultimi studi quello che ha maggiormente impressionato è opera di scienziati italiani, ricercatori dell'ateneo di Sassari. Pubblicato sul mensile Focus, lo studio individua nel
Mycobacterium avium paratuberculosis (Map), un batterio 'parente' dei micobatteri della lebbra e della Tbc, a cui già si attribuisce la responsabilità dei casi di malattia di Crohn e di sindrome dell'intestino irritabile, il principale responsabile del diabete di tipo 1.Secondo lo studio sassarese, nel 70% dei casi di diabete sardi e inglesi e nel 40% di quelli lombardi è coinvolto il Map. "Sta emergendo che - spiega Leonardo Sechi, docente di microbiologia dell'università di Sassari - a seconda della predisposizione genetica dei pazienti, una persona incontrando il Map sviluppa il diabete, un'altra l'intestino irritabile e un'altra ancora il Crohn. Nei diabetici in cui non c'è il Map i responsabili sono probabilmente altri patogeni intestinali".
Questo particolare tipo di batterio, che vive all'interno delle cellule che infetta e ha una lunghissima incubazione, viene trasmesso ai bambini con il latte: lo si può trovare infatti nel latte in polvere per neonati, in quello materno (se la madre è infetta) e nei latticini provenienti da animali infetti, ed è persino in grado di resistere alla pastorizzazione. La ricerca dell'università di Sassari, attribuendo la stessa origine al Crohn e al diabete, apre dunque alla speranza che anche per sconfiggere il diabete possa essere sufficiente un antibiotico. In tutto il mondo l'incidenza del diabete 1 aumenta del 3% l'anno. In Sardegna l'incidenza è elevatissima: circa 40 casi su 100 mila bambini.
Fonti : Focus, Adnkronos Salute.