La frase del mese...

“Ma i moralisti han chiuso i bar e le morali han chiuso i vostri cuori e spento i vostri ardori: è bello ritornar "normalità", è facile tornare con le tante stanche pecore bianche! Scusate, non mi lego a questa schiera: morrò pecora nera!” (Francesco Guccini)

domenica 16 gennaio 2011

Linea mortale


Cinque studenti di medicina tentano un esperimento che dovrebbe portarli a capire qualcosa di sicuro sulla vita dopo la morte. Partendo dai racconti di quanti hanno vissuto situazioni di premorte, intendono sottoporsi uno alla volta a esperienze simili ottenute artificialmente per vedere che cosa succede “dopo”. Gli altri devono poi rianimare chi si sottopone all’esperimento. Il rischio dell’operazione è evidente, ma il risultato è ancora più sconcertante e terribile perché ciascuno viene messo in contatto con le proprie paure passate e non se ne libera neppure al ritorno nel mondo reale. E neppure i “mostri” del passato restano nell’aldilà, ma tornano anch’essi. L’argomento è di per sé sempre attuale, trattando della morte e della possibilità di una vita ultraterrena.
Linea mortale trae spunto dal successo dei libri di Raymond A. Moody jr sulle esperienze di premorte e ne drammatizza il concetto centrandolo sulle psicosi degli studenti che cercano risposte all’eterno quesito dell’esistenza. Naturalmente la risposta non c’è e il film non la cerca nemmeno, accontentandosi di spettacolarizzare l’argomento con buona efficacia. Mai troppo banale e spesso inquietante, il film ci dà alcune suggestive visioni di un aldilà onirico, sorta di rielaborazione psichedelica dei sensi di colpa dei protagonisti. Mélange di inquietudini e paure sepolte, si sofferma sull’effetto morale dell’esperienza di morte indotta, suggerendo un po’ semplicisticamente che possa essere una specie di esame iniziatico per ritrovare la pace della coscienza. L’incostante Schumacher è forse qui al suo meglio e si avvale di una nutrita e molto valida pattuglia di attori tra i quali spiccano per efficacia Kiefer Sutherland e Kevin Bacon

Qualcuno volò sul nido del cuculo


Da un romanzo (1962) di Ken Kesey: pregiudicato, trasferito in clinica psichiatrica, smaschera il carattere repressivo e carcerario dell'istituzione. La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno. Premiato con 5 Oscar (film, regia, Nicholson e Fletcher, sceneggiatura di Bo Goldman e Laurence Hauben) – come non succedeva da Accadde una notte (1934) – è un film efficacemente e astutamente polemico sul potere che emargina i diversi e sul fondo razzistico della psichiatria. La sostanza del romanzo onirico di Kesey, scritto in prima persona, è depurata e trasformata in allegoria nell'adattamento scenico che ne fece Dale Wasserman e che forma la base della sceneggiatura. (Fu portato in scena nel 1963 da Kirk Douglas che spinse il figlio Michael a produrre il film.) Ottima squadra di attori che comprende anche il pellerossa W. Sampson.


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Shutter Island


Nel 1954, i due agenti federali Teddy Daniels e Chuck Aule vengono inviati con un battello a Shutter Island, a largo della costa est, per investigare sull'improvvisa scomparsa di una pericolosa infanticida residente presso l'istituto mentale Ashecliffe, Rachel Solando.
Il direttore dell'istituto, il dottor Cawley, e i vari infermieri sostengono che la madre assassina si sia come dileguata dalla sua stanza senza lasciare alcuna traccia, ma l'agente Daniels pare nutrire fin dal principio dei forti sospetti sul modo di condurre l'ospedale da parte del dottor Cawley e del suo medico assistente, il dottor Naehring. Un uragano costringe i due agenti a protrarre il soggiorno sull'isola, durante il quale le indagini proseguono e particolari sempre più inquietanti emergono, mentre Daniels continua ad avere delle visioni che riguardano la moglie defunta e le sue esperienze di guerra contro gli ufficiali nazisti.Nell'anno del celebrato restauro di Scarpette rosse, due dei più grandi cineasti della modernità americana hanno pagato il loro personale tributo al capolavoro di Michael Powell e Emeric Pressburger.
Francis Ford Coppola ne cita copiosamente delle parti in Tetro, mentre Scorsese, oltre ad averne curato in prima persona il restauro, struttura il suo Shutter Island come quella stessa infinita scala a chiocciola che viene percorsa da Vicky nel finale del film. Ma se il punto di riferimento è lo stesso, completamente opposti sono i sensi che guidano il loro operare. Per Coppola, Scarpette rosse è un modello da imitare, un ideale di rinascita da proporre al cinema contemporaneo ora che il mezzo digitale permette di tornare a quel tipo di fantasia immaginifica. Al contrario, per Scorsese quella spirale infinita rappresenta la capitolazione di un tipo di cinema che non è più riproducibile nell'era della simulazione e della ripetizione.
La spirale è quindi la forma che sceglie per raccontare questa gothic novel che accumula strato dopo strato suggestioni, visioni, ricordi, angosce e paranoie per arrivare ad una soluzione finale che cerca di sciogliere i misteri e di sorprendere lo spettatore con un twist non troppo imprevedibile. Ma manipolare lo spettatore non è mai stato uno dei passatempi preferiti di Scorsese, quanto piuttosto l'idea di raccontare dei personaggi manipolati dall'impossibilità di aderire alla realtà. Con Shutter Island, il regista italo-americano arriva in un certo senso a proporre la definitiva consacrazione dell'uomo avulso dalla realtà e della follia come forma unica di sopravvivenza. Per dare enfasi all'idea, riprende il suo personaggio quasi sempre per tagli trasversali o obliqui, insistendo nel catturarlo dal basso verso l'alto per enfatizzarne la distanza. Il personaggio di DiCaprio diviene così l'ennesimo man of violence della sua filmografia, colui che lotta brutalmente per cancellare la sua memoria e restare attaccato al proprio mondo.
Ma eliminare i ricordi (le immagini, il cinema) significa inevitabilmente creare dei fantasmi, manipolare una serie di immagini preconosciute della Storia (cosa che fa nei ricordi dei campi di concentramento con il carrello che segue un'esecuzione quasi coreografica dei gerarchi nazisti all'ingresso del campo di Dachau) e, in ultima analisi, confessare l'impossibilità di far pace con la verità. Da questo punto di vista, Shutter Island porta a compimento un discorso che Scorsese pare condurre da quando il suo cinema si è fatto più ampio, più accademico: l'incapacità di raccontare un mondo dove non domina solo la violenza, ma soprattutto la dissimulazione, di immaginare qualcosa di nuovo laddove tutto appare una ripetizione, un rifacimento. In fondo alla sua scala a chiocciola fatta di mistero e di suspense, Shutter Island pare raccontare proprio questo: nell'era contemporanea, il sonno della ragione non genera più mostri, ma fantasmi, doppi, simulacri di qualcosa che è già stato visto o vissuto.


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Patch Adams


Quando si pensa che al mondo non esista altro che cinismo e indifferenza, ecco che si sentono delle storie inverosimili che fanno apparire un barlume di speranza. Una storia alla quale si stenta a credere, ma che è vera e fantastica.Liberamente tratto dall'autobiografia di Hunter Adams "Gesundheit: Good Health is a Laughing Matter", il film è stato un grande successo della scorsa stagione cinematografica.
Hunter (Patch) Adams è internato in un ospedale psichiatrico in conseguenza di un tentativo di suicidio. Resosi conto di avere una certa predisposizione per il contatto umano, soprattutto con i suoi compagni d'ospedale, decide, una volta dimesso, di intraprendere gli studi di medicina. Nonostante sia molto più grande di un normale studente universitario, frequenta alla Virginia Medical University con ottimi voti, e si innamora di Carin (Monica Potter).Il modo che hanno di lavorare i suoi futuri colleghi medici però non gli piace; troppa indifferenza, troppa avidità nel trattare i propri pazienti. Lui invece adora stare a stretto contatto con i suoi pazienti e cercare di alleviare le loro sofferenze, è la sua filosofia di vita. Per andare incontro ai suoi principi, trasgredisce al regolamento della facoltà, e inizia a far visita ai malati terminali, li assiste e li diverte con le sue trovate imprevedibili ed esilaranti. Sarà poi scoperto, e verrà minacciato di espulsione.
Un film toccante, che diverte. Una commedia commovente che dà la possibilità di riflettere sui rapporti umani, e sui limiti della professionalità della figura del medico. Un film dove i buoni sentimenti sono in primo piano e che piace veramente tanto.


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