Il mio blog. Dedicato a tutti coloro che condividono certe passioni
La frase del mese...
“Ma i moralisti han chiuso i bar e le morali han chiuso i vostri cuori e spento i vostri ardori: è bello ritornar "normalità", è facile tornare con le tante stanche pecore bianche! Scusate, non mi lego a questa schiera: morrò pecora nera!” (Francesco Guccini)
In casa Rizzoli è festa grande. Dopo 10 anni di attesa il celebre riconoscimento letterario, organizzato e gestito dalla fondazione Bellonci, torna nella casa editrice fondata nel 1911 da Angelo Rizzoli. "Resistere non serve a niente" di Walter Siti ha ottenuto 165 voti finali, più del doppio rispetto al secondo classificato Alessandro Perrissinotto con il suo "Le colpe dei padri". Nessuna dedica particolare dello scrittore a fine cerimonia di premiazione, solo un breve commento su Tommaso, il "giocoliere della finanza" protagonista del suo libro: "Ho fatto una scommessa pensando ad un personaggio che fa molte cose brutte ma ho cercato di renderlo simpatico."
La classifica:
1.Walter Siti “Resistere non serve a niente” (Rizzoli) – 165 voti 2.Alessandro Perissinotto “Le colpe dei padri” (Piemme) – 78 voti 3.Paolo Di Paolo “Mandami tanta vita” (Feltrinelli) – 77 voti 4.Romana Petri “Figli dello stesso padre” (Longanesi) – 63 voti 5.Simona Sparaco “Nessuno sa di noi” (Giunti) – 26 voti
«Il ricordo. Non
riesco a dimenticare i seicentomila ragazzetti che trentanni fa hanno dato la
loro cultura e la loro vita per salvare me e la mia cultura. Non dimentico un
ragazzetto di diciotto anni che allora si fece sgozzare da un soldato straniero
per garantirmi un pezzo di terra su cui essere poeta. Io questo non posso
dimenticarlo e sono infelice perché sono vivo e loro no, ma non faccio dei
blues dentro di me, che mi porto dentro da trentanni. Loro hanno salvato la mia
terra e la mia cultura, mi hanno fatto conoscere la preghiera e grazie a loro
oggi sono bello, bellissimo, il più bravo e non perdono»
Con questa frase di Piero Ciampi Vinicio Capossela ha
aperto il suo concerto del 25 aprile in piazza Garibaldi a Parma.
Poi ha cantato questa canzone ispirata ad un brano di “Se
questo è un uomo” di Primo Levi
Ci mettono ancora una volta in fila, ci conducono in un
vasto piazzale che occupa il centro del campo, e ci dispongono meticolosamente
inquadrati. Poi non accade più nulla per un’altra ora: sembra che si aspetti
qualcuno.
Una fanfara incomincia a suonare, accanto alla porta del
campo: suona Rosamunda, la ben nota canzonetta sentimentale, e questo ci appare
talmente strano che ci guardiamo l’un l’altro sogghignando; nasce in noi un’ombra
di sollievo, forse tutte queste cerimonie non costituiscono che una colossale
buffonata di gusto teutonico. Ma la fanfara, finita Rosamunda, continua a
suonare altre marce, una dopo l’altra, ed ecco apparire i drappelli dei nostri
compagni, che ritornano dal lavoro. Camminano in colonna per cinque: camminano
con un’andatura strana, innaturale, dura, come fantocci rigidi fatti solo di
ossa: ma camminano seguendo scrupolosamente il tempo della fanfara. (Primo
Levi, Se questo è un uomo).