La frase del mese...

“Ma i moralisti han chiuso i bar e le morali han chiuso i vostri cuori e spento i vostri ardori: è bello ritornar "normalità", è facile tornare con le tante stanche pecore bianche! Scusate, non mi lego a questa schiera: morrò pecora nera!” (Francesco Guccini)

domenica 29 maggio 2016

Partire è come arrivare...



Partire è come arrivare. Il giorno in cui inizi a riempire la prima valigia, che ti accompagnerà nel breve ma intenso viaggio che ti riporterà a casa, è lo stesso giorno in cui da quella valigia hai tirato fuori quella camicia, la più bella, da indossare per presentarti in formissima al primo appuntamento di una nuova entusiasmante esperienza lavorativa. 

Stessa atmosfera, stessi profumi, stessi pensieri ti si presentano nuovamente, come quando apri e riapri in quella soffitta la scatola in cui ancora custodisci i tuoi giocattoli da bambino sorridente; ormai, però, sei tanto adulto quanto consapevole che sei in procinto, per l’ennesima volta, nella tua anagraficamente breve vita, di virare in modo ruvido, anche maldestro forse, verso mete conosciute e adesso di nuovo sconosciute. 

La consapevolezza del tuo essere sfrontato nello sfidare il destino, pronto a perdere ma battagliero per guadagnare l’eventuale meritata vittoria, ti tiene compagnia in tutte quelle notti in cui solo con te stesso, riempiendoti il bicchiere,  devi fare i conti con l’ennesimo domani. Mille volte il fato in questi 14 mesi ti ha strattonato dai capelli, seppur corti e quasi inafferrabili, ti ha sferrato colpi molto bassi, ti ha mancato di rispetto nel senso crudele del termine, volgendo ad un solo fine ogni sua mossa: il tuo forzato rientro; fato spavaldo, beffardo, sicuro di prevalere e vincere, ma Resistere è la cosa che sai fare meglio, subire il colpo, barcollare magari, poggiare il ginocchio a terra come il pugile in difficoltà dopo una jab, ti viene benissimo, ad arte. 

L’umiltà trasmessa dalla tua famiglia ha permesso di costruirti una certezza, la prima pietra su cui hai modellato passo dopo passo la tua anima, “mai tornare indietro, neppure per prendere la rincorsa”. Ed allora è Avanti che sei andato, l’unico moto per te plausibile, lento incedere magari, ma Avanti verso l'ennesimo domani solo perchè sei vivo, malinconicamente sorridente, ma vivo più di tutti gli altri, preparato a rispondere perentoriamente ad ogni ulteriore inaspettata e strategica mossa tesa a manifestare crudeltà e supremazia del fato. 

Non essere per niente preoccupato, è vero noi siamo gente che finisce male, ma l’importante è sapere quando e come uscire di scena e farlo sempre, continuamente, solo uscendo di scena chi ti guarda inerme dalla parte del pubblico prova invocare un bis a cui, almeno in questa vita, non assisterà mai. 

Pensa, invece, che sarebbe adesso ora di tornarsene a casa e ricorda, nel chiudere quella benedetta valigia, di metter dentro quel pianto sorridente che avevi stampato in viso il giorno del tuo arrivo a Stansed, quei 10 secondi senza fiato alla prima vista del Big Ben, la meraviglia dell’Albert Dock di Liverpool, il Trinity College di Cambridge, i crazy flatemates neozelandesi, la Bisbetica Domata al Globe, quella ragazza australiana slang teacher, il supervisor-amico, il lead department iraqeno ed il suo “things like that”, il primo vero paper pubblicato, il tuo nome su pubmed in mezzo a medici stranieri, lo Slug, l’O’Neill ed il suo live rock, le pietre di Stonehenge, le nurses Maddy and Penny, Aldo Giovanni e Gioacomo all’Apollo Theatre con quell profumo d’Italia così intenso che c’era da commuoversi, tuo zio che fino alla fine ha lottato come un leone, tuo padre che un leone non è ma vincerà la sua battaglia, States of Mind, il tuo 32° compleanno, quel cappello in quella foto davanti al St. Thomas, Abbey Road, il The Cavern, Il lab e gli esperimenti sui topi, il topo in cucina, Anna the Queen, la battaglia dei Junior Doctors, lo Shard in compagnia della persona che nonostante tutto, più di tutti ti ama sulla faccia di questo pianeta, Freddy ed il suo Garden Lock, la Lumière in quella notte d’inverno, tuo fratello e la sua colazione all’inglese pagata e non consumata, tua madre “Celia”, tua zia e le tue cugine che ti aspettano come un figlio, tuo nonno che crede tu sia un extraterreste e non si capacita come sei sopravvissuto 16 mesi fuori dal tuo paese, il Gordon’s Wine Bar, Italia-Francia 10-32, ma a Twickenham, il Notting Hill Carnival, il Surrey e la sua University, Birmingham, Richmond Park, Valencia ed il colloquio con il sorriso stampatissimo in viso con quel signore che non ha creduto in te, il prof. PJ G, Giorgio, Stefano e Matteo, il sogno di Camden Town, il Thames’ path di Hammersmith, l’albero della mela di Newton, Oxford, Harrogate e l’afternoon tea, Brighton e le giostre sul pontile, la tua amica colombiana emicranica, i tuoi pazienti, il tuo funny accent, l’Ungheria, il tuo esame di inglese, la BASH society, la ricerca del bidet, la voglia quotidiana d’Italia, l’affetto e i pianti dei colleghi e delle nurses quando hai annunciato il tuo leaving, la festicciola a sorpresa che ti hanno organizzato, quel biglietto che custodisci come un tesoro con il loro Goodbye. 

Prova a mettere dentro la tua valigia tutto questo e le mille altre cose che per questioni di spazio non ho potuto elencare, prova a farlo e solo allora capirai come alcune valigie non si possono chiudere, bisogna lasciarle aperte a metà, pronte ad accogliere il prossimo domani. 

In bocca al lupo amico mio!

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